
Il Data Binding è una delle novità destinata a rivoluzionare lo sviluppo Android, soprattutto nel modo in cui un programmatore si “rivolge” all’interfaccia grafica: mette a disposizione una nuova libreria che al momento è disponibile solo usando Android Studio 1.3 o superiori.
A molti il termine Data Binding dice già qualcosa, ad altri meno. Riepiloghiamone velocemente il significato partendo dalle origini. Uno dei primi aspetti che si notano quando si inizia a realizzare applicazioni Java con Android SDK è il dualismo che si crea nel progetto: codice Java, nella cartella src, per il funzionamento dinamico, ed interfacce utente progettate in XML nella cartella res/layout. Ciò comporta per prima cosa la necessità di fare in modo che il codice Java possa accedere alle componenti definite nel layout sfruttando come riferimenti gli id disseminati nei vari nodi XML: per chi viene dallo sviluppo web si tratta di una modalità di interazione simile a quella che si instaura tra elementi HTML e Javascript. Il protagonista di queste ricerche è l’usatissimo metodo findViewById dell’Activity di cui se ne sconsiglia l’abuso per motivi di efficienza nonostante la sua indispensabilità.
Il Data Binding permette stabilire collegamenti che rendano automatico il passaggio dei dati dai widget dell’interfaccia utente agli oggetti istanziati in Java e viceversa.
Mettendola in termini di Model-View-Controller il Data Binding “aggangia” in maniera attiva le componenti della presentazione con la struttura a oggetti dell’app.
Per farne uso, è necessario includere la seguente riga al nodo dependencies del file build.gradle del progetto:
classpath 'com.android.databinding:dataBinder:1.+'
mentre nel build.gradle del modulo richiederemo l’impiego di un ulteriore plugin apponendo la seguente dichiarazione a inizio file:
apply plugin: 'com.android.databinding'
I passi per l’esecuzione pratica del Data Binding possono essere seguiti tramite il tutorial presente nella documentazione ufficiale .
Vale la pena ricordare che la libreria è attualmente in beta, il che significa che non è consigliabile impiegarla in produzione in quanto sarà soggetta presumibilmente a dei cambiamenti, ma soprattutto che la sua pubblicazione ha lo scopo di sollecitare feedback da parte dei programmatori pertanto è il momento proprio di sperimentarla, trarne delle considerazioni e, possibilmente, farne partecipe Google!
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